Interessandomi di innovazione e di nuovi modelli di business da applicare eventualmente al mondo del farmaceutico, visito regolarmente parecchi blog, nazionali ed internazionali.
Tra questi uno dei miei preferiti è Beople.
Proprio un recente articolo, scritto a quattro mani da Matteo Fusco, fondatore di Beople e da Davide Cardile, ha attratto la mia attenzione e curiosità.
Il tema è l’impatto crescente della “Subscription Economy” sul business globale.
Dal link potete leggere l’intero articolo. Per chi non lo volesse fare, cito qui alcuni concetti utili alla prosecuzione.
Idee&Opinioni
Il packaging farmaceutico è funzionale alla conservazione e somministrazione di un farmaco.
Ovviamente varia a seconda della forma (liquida o solida) e della modalità di assunzione di un determinato medicinale.
Definizione
Con il termine packaging, nell’industria farmaceutica si deve intendere:
- l’imballaggio esterno (astucci, scatole, etichette e foglietti illustrativi)
- l’imballaggio primario (blister, fiale, bottigliette) le cui caratteristiche debbono essere conformi con le sostanze contenute nel farmaco.
La funzione principale degli imballaggi primari è quella di proteggere il prodotto, evitando interazioni negative tra contenitore e farmaco.
È una funzione altresì importante anche quella di rendere facile e funzionale l’uso e l’assunzione di un farmaco, impedendone eventuali manomissioni della confezione ed usi impropri, per esempio da parte dei minori.
Negli ultimi anni è cresciuta in modo esponenziale la contraffazione dei farmaci.
Pertanto, la funzione del packaging è oggi anche quella di rendere sempre più difficile il lavoro ai falsari.
Ultimo tema, che sta entrando in maniera preponderante nelle logiche produttive, è quello ecologico.
I trend indicano non solo un crescente rifiuto verso la plastica, ma anche una predilezione per dei packaging che siano a ridotto impatto ambientale nella fase produttiva ed ecosostenibili nello smaltimento.
Inizio questo post accelerando sull’autoreferenzialità, ma come si dice a Roma, quando “ce vò… ce vò”
Ho fatto l’ISF per 10 anni in diverse ed importanti aziende.
Entrando poi a lavorare in sede, ho sempre tenuto ben presente da dove venivo (come diceva l’amico e collega Beppe Sbaragli, ero troppo grosso perché facesse effetto la medicina – o pozione venefica- che le aziende davano agli ISF che passavano in sede, in modo che si sentissero superiori e rinnegassero da dove provenivano). Gli ISF sono stati sempre i mie clienti più importanti. Ho particolarmente stima di quelli bravi, che non si fanno risucchiare dalla depressione del piazzista, ma che invece trovano una loro strada.
Attività Social degli ISF
Apro di rado Instagram e Facebook, per ovvie ragioni più spesso LinkedIn.
E quando vedo degli ISF che condividono messaggi pubblicitari occulti o condividono articoli sempre con messaggi più o meno occulti, mi piange il cuore, in quanto magari lo fanno in buona fede, ma come è ben noto, la legge italiana non tollera l’ignoranza.
Allora mi permetto di postare come commento alcune regole di FederSalus contro la pubblicità occulta.
Segnalatore seriale
Non lo faccio per essere bacchettone, bensì per avvertire la persona e renderla consapevole che sta facendo qualcosa di non etico.
Infatti, oltre un anno fa, alcuni giovani ISF mi confidarono che erano le aziende stesse che chiedevano loro verbalmente di postare sui Social determinati contenuti.
Non li pubblicava l’azienda sul sito ufficiale, per non incorrere in responsabilità, ma poi chiedevano alle persone di postare dei contenuti di pubblicità occulta. Se poi qualcosa veniva fuori, era colpa dell’ISF o dell’agente che avevano agito di testa propria.
Nel post “La proposta di valore” (leggi qui) ho affermato che poiché l’e-detailing impatterebbe sul tempo libero del medico, l’accettazione da parte della classe medica non sarebbe stata facile.
Ho analizzato vantaggi e svantaggi collegati al passaggio a visite virtuali anziché fisiche da parte del MMG (leggi qui)
Lo Specialista
Adesso è il momento di analizzare vantaggi e svantaggi per il medico Specialista.
In primis è importante precisare che lo Specialista, in quanto tale, è fortemente focalizzato nell’area specialistica rispetto al MMG. Quindi la sua preparazione è meno ampia, ma più approfondita. E quindi le aspettative dal colloquio con l’ISF potrebbero essere maggiori, dal punto di vista tecnico scientifico rispetto a quelle del MMG.
Inoltre, deve essere considerato il fatto che in specializzazioni prettamente chirurgiche, i tempi in sala operatoria spesso possono dilatarsi.
In più, durante la sala operatoria non ci sono momenti di pausa del medico che siano accessibili anche all’ISF.
Pertanto la visita allo Specialista Chirurgo sarà più difficile fisicamente ed ancora di più in modalità remota.
Nel post “La proposta di valore” (leggi qui) ho affermato che poiché l’e-detailing impatterebbe sul tempo libero del medico, l’accettazione da parte della classe medica non sarebbe stata facile.
Sempre meno visite
Già molti medici limitano l’accesso agli ISF nelle visite, per non allungare troppo gli orari di ambulatorio e probabilmente perché l’interesse alla loro visita è limitato.
Quindi, specialmente per l’e-detailing, il valore intrinseco dell’intervista dell’ISF al medico dovrà crescere.
MMG Vs Specialista
Cerchiamo di analizzare le differenze di impatto sul medico tra le visite fisiche e quelle virtuali.
In questo post mi concentrerò sui MMG, mentre quello destinato agli Specialisti lo trovate qui.
Tra le celebrazioni e ricorrenze che il Covid-19 ha impedito, quest’anno ce n’era una a cui io (e sicuramente solo io) tenevo particolarmente. Infatti, venti anni fa, agli inizi dell’anno 2000, un’azienda multinazionale che ovviamente non menzionerò, portava ad una selezione di medici di medicina generale l’omaggio (a mio insindacabile giudizio) più bello e più utile (ed ovviamente conforme con le disposizioni vigenti) di sempre: un dispensatore d’acqua da posizionare nel proprio ambulatorio.
Ho “portato” la borsa da Informatore Scientifico del Farmaco per 10 anni ed ho visitato ripetutamente ambulatori su ambulatori. Negli anni, cumulativamente, ho visto migliaia di persone attendere il proprio turno, in sale di attesa di terza classe, senza la possibilità di bere un bicchiere d’acqua o per sete o per assumere un medicinale.
Oggi la maggior parte delle persone hanno con sé in borsa o nello zaino, la propria bottiglietta d’acqua. Idratarsi è divenuta una necessità. Quindi oggi giorno il problema non sarebbe proponibile. Vi assicuro però che venti anni fa, non era così scontato, specie nelle persone over 60. Pertanto, questo omaggio, di cui ovviamente rivendico la paternità, aveva fatto fare bella figura al medico con i propri assistiti. Ma soprattutto, fornendo anche acqua refrigerata, portava conforto ai pazienti in attesa, sia in inverno che in estate.
Pilotato dalla crescente domanda dei consumatori di monitorare la propria salute, l’uso della tecnologia “wearable” (indossabile) è più che triplicato negli ultimi quattro anni.
Secondo una ricerca di Business Insider Intelligence, oltre l’80% dei consumatori è disposto a indossare la tecnologia per il proprio fitness.
Questa crescente domanda di dispositivi indossabili, ha generato un mercato in forte espansione, e ora le aziende stanno toccando con mano come sia vantaggioso fornire tecnologia sanitaria indossabile ai propri consumatori e dipendenti.
Cos’è la tecnologia sanitaria da indossare?
La tecnologia indossabile nel settore sanitario include dispositivi elettronici che i consumatori possono indossare, come bracciali e smartwatch, e sono progettati per raccogliere i dati sulla salute personale e sull’esercizio fisico svolto dagli utenti.
L’utilizzo da parte dei consumatori statunitensi di dispositivi indossabili è passato dal 9% nel 2014 al 33% nel 2018, secondo Accenture.

La pandemia ha messo in luce, sebbene in modo doloroso, il ruolo fondamentale non solo degli ospedali, delle strutture di diagnosi, della Protezione Civile e dei sistemi di prevenzione e controllo nazionali e regionali.
Anche le aziende farmaceutiche, di diagnostica e tecnologia legata alla salute, sono non solo utili, ma necessarie per garantire una società sana e produttiva.
C’è bisogno sempre più di chi porti innovazione, nuove possibilità di diagnosi, nuove terapie e nuovi vaccini, perché ciò che è stato il COVID-19 potrebbe ripetersi in qualsiasi momento.
Si è anche visto come i paesi con un’offerta più ampia di salute pubblica abbiano potuto assistere i malati di qualsiasi ceto sociale, impedendo di fatto che la pandemia fosse solo una patologia per anziani e poveri.
Cosa é?
Per prima cosa, Onduo (www.onduo.com) è una joint venture nata nel 2016 tra Verily (Ex Google Life Science, scusate se è poco) e Sanofi, che aveva versato 55 mio di dollari nelle casse comuni.
Il comunicato stampa di allora recitava: “La joint venture, che prende il nome di Onduo, avrà l’obiettivo di sviluppare terapie e dispositivi per la prevenzione, la cura e la gestione dei pazienti con diabete.
Inizialmente la collaborazione si concentrerà sul diabete di tipo 2, ma in prospettiva le attività si espanderanno anche al diabete di tipo 1 e alla prevenzione della malattia nelle persone a rischio”.
Basata a Cambridge, Onduo si avvarrà “dell’esperienza di Verily nell’elettronica miniaturizzata, nell’analisi dei dati e nello sviluppo di software per i consumatori – continua la nota – e delle conoscenze cliniche di Sanofi e la sua esperienza nell’offrire trattamenti innovativi alle persone che vivono con il diabete”.
Il ridimensionamento di Sanofi
Nel 2019, il nuovo CEO di Sanofi, Paul Hudson, causa lo slittamento in avanti di alcuni prodotti e la cancellazione della pipeline in diabetologia, fece un passo indietro dalla joint venture, rimanendo come azionista finanziatore, per una cifra molto più bassa dei 55 mio $ iniziali.
A seguito di questa variazione di assetto, Verily rilascia un comunicato stampa di cui cito solo la parte a mio avviso più significativa: “Nel 2016, abbiamo avviato una joint venture con Sanofi per lanciare la clinica del diabete virtuale di Onduo.
Di recente abbiamo ristrutturato la sua proprietà con Sanofi per consentire a Onduo e Verily di muoversi più velocemente, investire di più e servire una popolazione molto più ampia di pazienti che gestiscono patologie croniche multiple.
Sanofi è stato un buon partner in questo viaggio, portando una profonda esperienza farmaceutica e commerciale nel diabete e siamo lieti che manterranno una piccola partecipazione nell’entità.”
Al di là delle vicissitudini azionarie, in pratica cosa è Onduo?
È una clinica virtuale, un laboratorio per il trattamento del Diabete di Tipo 2, un grande esperimento?
Sicuramente! Tant’è che il 25 novembre 2019 il Journal of Diabetes Science and Technology ha pubblicato un articolo firmato dal Dr Ronald Dixon, dal titolo “A Virtual Type 2 Diabetes Clinic Using Continuous Glucose Monitoring and Endocrinology Visits” in cui gli autori annunciano i risultati ottenuti con gli assistiti all’interno di Onduo.
L’abstract dello studio
Vi riporto l’abstract dello studio: “La tecnologia di telemedicina Onduo Virtual Diabetes Clinic (VDC) / modello di assistenza per adulti con diabete di tipo 2 (T2D) combina dispositivi connessi, coaching a distanza sullo stile di vita e supporto clinico con un’app mobile.
Le principali caratteristiche del programma di differenziazione sono la disponibilità di consultazioni video in diretta con endocrinologi certificati per la gestione dei farmaci ed il continuo monitoraggio del glucosio in tempo reale per i partecipanti ad alto rischio.
I dati preliminari (n = 740) suggeriscono che la partecipazione era associata a un miglioramento significativo dell’HbA1c con un follow-up fino a 6 mesi in coloro che non raggiungevano gli obiettivi del trattamento. L’HbA1c è diminuito del 2,3% ± 1,9%, 0,7% ± 1,0% e 0,2% ± 0,8% tra le categorie di base> 9,0%, 8,0% -9,0% e 7,0% a <8,0%, rispettivamente (tutte P <0,001) .
Questi risultati suggeriscono che il VDC ha il potenziale per supportare le persone con T2D e i loro clinici nella gestione del diabete tra le visite ambulatoriali.”
Guardando con occhi diversi, potremmo anche vedere Ondeo come un nuovo modello di business per le aziende farmaceutiche.
Un nuovo modello di business
Creare una clinica virtuale in cui i pazienti potrebbero:
- trovare informazioni complete sulla propria patologia
- avere a disposizione un tutor che li segua nel migliorare il proprio stile di vita
- ricevere in comodato d’uso strumenti di misurazione all’avanguardia dei parametri legati alla patologia
- ottenere l’analisi in tempo reale dei propri dati giornalieri per comprendere l’andamento della malattia
- avere un app sullo smartphone come una cartella clinica, con cui prenotare anche le visite di controllo
- veder garantita la migliore adesione alla terapia
- segnalare in tempo reale eventuali eventi avversi o peggioramenti
Mentre il vantaggio delle aziende farmaceutiche potrebbe essere quello di:
- per il pubblico, iniziare ad avere anche un ruolo di “caregiver” e non essere più solo un’azienda che produce medicine
- garantire la migliore adesione alle terapie
- ricevere dati puntuali ed aggiornati sull’efficacia dei propri medicinali, sapere quando vengono assunti, in combinazione con quali altri farmaci, da persone che hanno anche altre patologie concomitanti e così via.
Ovviamente stiamo parlando di patologie croniche o malattie rare e tra questo, la scelta di Onduo di lavorare sul Diabete di Tipo 2 non è certo casuale.
Conflitti Etici
È al tempo stesso evidente, che per etica e per normativa, le aziende non possono e non devono conoscere i pazienti iscritti nella clinica e pertanto, come ha inizialmente fatto Sanofi, dovrebbero associarsi a qualche azienda maestra nel trattamento dei “big data“, che gli fornisca dei dati destrutturati dal nome e cognome delle persone che usufruiscono della clinica virtuale.
È di sicuro una via dispendiosa ed infatti, Ondeo ha visto ingenti finanziamenti e le persone che diventano membri della clinica virtuale non lo fanno senza spendere un dollaro, bensì solo se il proprio programma assicurativo è convenzionato con Ondeo.
Sarebbe utile anche per i pazienti cronici
Ma è sicuramente anche il modo per fare qualcosa di utile per stare vicino in modo utile e profiquo ai pazienti cronici.
Consentirebbe di seguirli in quell’area che esula dalla diagnosi e dalla terapia, che il Sistema Sanitario assolve, ma che rappresenta un’area grigia molto importante per la persona che deve cercare di convivere al meglio con la propria patologia.
Io che sono familiarmente iperteso da anni e che assumo calcio antagonisti, ace inibitori e diuretici, a volte penso a quanto sarei più tranquillo se ci fosse un “grande fratello medico” che ricevesse e monitorasse le mie misurazioni pressorie quotidiane.
Che mi avvertisse se sto assumendo troppo cloruro di sodio.
Mi consigliasse, se per via dei diuretici, dovessi assumere ciclicamente del magnesio e potassio.
Mi suggerisse quali altri integratori potrebbero aiutare la mia situazione o quali consigli derivassero dagli ultimi studi condotti, per migliorare la mia salute generale e convivere al meglio con una patologia cronica.
Invece, come pazienti, passiamo dalla pacca sulla spalla dello specialista al sorriso del medico di base che ci fa comprendere che non ha tempo per dare maggiore supporto.
E passiamo giorni su Dr Google a consultare siti spesso inattendibili che ospitano pareri contrastanti.
Quello di Ondeo è un modello, nato in un determinato contesto, ma possono esserci molte varianti che possono funzionare allo stesso modo o anche meglio.
Si pensi ad un accordo con aziende di diagnostica, oppure con una o più Università che metterebbero a disposizione specializzandi e specialisti e che potrebbero gestire la Clinica Virtuale e gestire così quel vuoto assordante tra una ripetizione di una ricetta ed un’altra, che per il paziente spesso si misura in anni di vita.